La legge di Lidia Poët: la recensione umorale della serie in 6 episodi, dal 15 febbraio su Netflix.
La serie, diretta da Matteo Rovere e Letizia Lamartire, vede nel cast Matilda De Angelis (Lidia Poët), Eduardo Scarpetta (Jacopo Barberis), Pier Luigi Pasino (Enrico Poët), Sinead Thornhill (Marianna Poët), Sara Lazzaro (Teresa Barberis) e Dario Aita (Andrea Caracciolo).

LA LEGGE DI LIDIA POËT – LA RECENSIONE

Nella produzione cinematografica e televisiva mondale esistono decine di personaggi che abbiamo imparato a conoscere e che sono diventati quasi mitologici: Sherlock Holmes, Pocahontas, Jessica Fletcher, Iron-Man, Il tenente Colombo, Miss Marple, solo per fare alcuni esempi, sono personaggi che hanno superato i confini nazionali diventando simboli ed in alcuni altri casi un vero e proprio franchise.
Per quanto riguarda l’Italia, invece, ci siamo limitati ad “esportare” attori, musicisti e personaggi storici. Nessun personaggio di finzione che possa essere accomunato alla lista che ho scritto nel paragrafo precedente. Come mai? Il motivo è presto detto: la produzione cinematografica e televisiva italiana tende ad avvitarsi su sé stessa e a guardarsi l’ombelico. Frequenti sono le volte in cui abbiamo copiato qualche format estero (Call my Agent, LOL per citarne due) o trasposto un film in Italia (Benvenuti al sud su tutti).

Sono lieto di annunciarvi che, finalmente, con la serie Netflix La legge di Lidia Poët potremmo fare quel salto di qualità che ci è sempre mancato.

Lidia Poët è stata un avvocato negli ultimi anni del XIX° secolo in quel di Torino quando ancora vigeva lo Statuto Albertino (la nostra prima costituzione), e prima delle due guerre mondiali. La società era diversa: patriarcale, ordinata e giudicante. In questo contesto nasce la storia di Lidia Poët che è una delle prime donne a laurearsi in legge in Italia e la prima a essere iscritta all’ordine degli avvocati. Seppur solo per un breve periodo, Lidia riesce ad esercitare la professione forense prima di essere esclusa dall’albo in quanto donna.

Una storia di ingiustizia e discriminazione sulla base del sesso che verrà sanata solo due decenni dopo e che, però, non ha impedito a Lidia di lavorare nello studio del fratello anch’esso avvocato.

In questa cornice si dipana la narrazione di questa prima stagione che può essere definita il punto di partenza che, secondo me, può aprire la strada a questo personaggio (ed alla serie ovviamente) verso l’estero e la diffusione mondiale. Le premesse ci sono tutte: una colonna sonora moderna, una regia curata e ben fatta, una sceneggiatura credibile e ben misurata rispetto al periodo storico.

Ma c’è una componente in più da sottolineare ed è l’interprete di Lidia Poët e cioè Matilda De Angelis. La De Angelis interpreta Lidia in modo ottimo: misurata nella mimica e nei toni (siamo pur sempre nel 1881), ottima nei quando parla con se stessa prima di fare una scelta pericolosa, e con un piglio espressivo proprio di una donna che vuole sentirsi libera in una società le cui regole le vanno decisamente strette.

Notevole anche la seconda componente femminile della serie e cioè il personaggio ottimamente interpretato da Sara Lazzaro, Teresa Barberis. Agli antipodi di Lidia, Teresa si muove nella società seguendo le regole e convinta che il mondo sia così e che non si possa cambiare: una Domina a tutti gli effetti.

È quindi un’opera al femminile? In parte. Ma non è questo il punto. Il punto sta proprio nel personaggio di Lidia Poët che in anticipo sui tempi e con un fuoco interiore che arde senza sosta combatte per la verità. Un’eroina senza superpoteri ma con una bussola morale ben direzionata. Sarà proprio lei con la sua determinazione a cercare la verità nei processi che le si parano innanzi e che grazie a un’opera approfondita di investigazione e con l’ausilio di metodi scientifici riesce a trovare i colpevoli e a scagionare gli innocenti.

La prima stagione è un misto di investigazione, thriller e azione che invoglia la visione, incuriosisce e affascina lo spettatore. Il personaggio di Lidia ha anche una componente libertina che non guasta e che la rende a tutti gli effetti una donna moderna.

È tutto molto ben strutturato e senz’altro il marketing ha influenzato alcune scelte visive e di narrazione, ma è un bene perché se vogliamo veramente uscire dai confini italiani, questa è la strada giusta.
In bocca al lupo Lidia!

LA LEGGE DI LIDIA POËT – LA TRAMA

Torino, fine 1800. Una sentenza della Corte d’Appello di Torino dichiara illegittima l’iscrizione di Lidia Poët all’albo degli avvocati, impedendole così di esercitare la professione solo perché donna. Senza un quattrino ma piena di orgoglio, Lidia trova un lavoro presso lo studio legale del fratello Enrico, mentre prepara il ricorso per ribaltare le conclusioni della Corte.
Attraverso uno sguardo che va oltre il suo tempo, Lidia assiste gli indagati ricercando la verità dietro le apparenze e i pregiudizi. Jacopo, un misterioso giornalista e cognato di Lidia, le passa informazioni e la guida nei mondi nascosti di una Torino magniloquente. La serie rilegge in chiave light procedural la storia vera di Lidia Poët, la prima avvocata d’Italia.

LA LEGGE DI LIDIA POËT – IL TRAILER ITALIANO

Edoardo Montanari