Se ne è andato a 91 anni Jean-Luc Godard, regista di riferimento della Nouvelle Vague, che stravolse il cinema della metà del secolo scorso.

Un regista coraggioso, provocatorio che col suo stile inconfondibile è riuscito a destrutturare la visione del cinema delle origini; portando in sala il bizzarro e incendiando le critiche dei cultori del “classico”.

Tra i film che l’hanno consacrato al successo quello che viene considerato il manifesto della Nouvelle Vague, “A bout de souffle” (“Fino all’ultimo respiro”); capolavoro del 1960, con protagonisti Jean-Paul Belmondo e Jean Seberg. Poi, “I quattrocento colpi” e “Hiroshima mon amour”, “Il disprezzo”, con Brigitte Bardot e Michel Piccoli, “Pierrot le fou” (“Il bandito delle 11”), sempre con Jean-Paul Belmondo, e “Si salvi chi può (la vita)”, con Isabelle Huppert. Tutte pellicole che spezzarono tutte le regole del cinema a beneficio di nuove prospettive di racconto, moderne, iconoclaste e provocatorie.

In circa sessant’anni di attività il regista è stato in grado di ricostruire una nuova immagine di Cinema; rendendo la sua opera una delle più riconoscibili e contraddittorie dell’intera storia della settima arte.

Un mondo lontano dall’accademismo e dalla classicità a beneficio di una nuova visione del regista che diventa il nuovo focus da cui guardare e raccontare il mondo.

Grande cinema e grande sperimentazione che hanno influenzato artisti del calibro di Quentin Tarantino che col cinema di Jean-Luc Godard è cresciuto e maturato artisticamente.

In molti nelle scorse ore hanno ricordato la vita e l’opera del celebre regista, tra questi il Presidente francese, Emmanuel Macron, che su Twitter ha scritto “Nel cinema francese, fu come un’apparizione. Poi, ne divenne un maestro”.

Se ne va così uno dei maestri della Nouvelle Vague; l’artista che, forse, più di tutti gli altri era riuscito a (re)inventare un’arte intensa, libera e moderna; fatta del suo genio, naturalmente, e del suo andare controcorrente, sfidando addirittura il suo tempo e i suoi spettatori.